Abbiamo letto con stupore e rammarico l’intervento del 24 gennaio intitolato «Un divieto ipocrita, fumerò all’aperto (senza disturbare)» di Antonio Scurati, stimato giornalista e scrittore. L’articolo critica la recente introduzione, da parte del Comune di Milano, del divieto di fumare all’aperto a meno di 10 metri di distanza dagli altri, per ora soltanto alle fermate dei mezzi pubblici, nei parchi e negli stadi e, dal 2025, in tuttala città. Non si tratta per noi medici e ricercatori impegnati nella lotta al tabagismo di una grande novità: siamo abituati da decenni a dover fronteggiare le campagne diffamatorie delle multinazionali del tabacco—e dei l’oro sostenitori e simpatizzanti — rivolte a screditare i nostri studi e i conseguenti adeguamenti legislativi in tema di fumo passivo e dei suoi danni alla salute. Ricordiamo bene, per esempio, gli articoli di giornalisti contrari all’approvazione della legge Sirchia, ormai una delle più amate e rispettate tra i non fumatori ma anche tra i fumatori stessi. Sono passati più di 15 anni e ci ritroviamo a dover difendere un altro illuminato decisore politico che tenta di cambiare in meglio la salute dei cittadini. Siamo sorpresi che la firma dell’editoriale sia di Antonio Scurati, un uomo che ha avuto un ruolo di innovatore civile, impegnato nella cura dell’anima del Paese, e che riteniamo indipendente da qualsiasi conflitto di interesse. Ci spiace soprattutto che il Corriere della Sera, dopo il bell’articolo— molto dettagliato e ben documentato— di Gianni Santucci del 20 gennaio sul fumo passivo outdoor («Picchi di polveri alle fermate dei bus. Stretta salutare: Milano sia capofila»), abbia sentito l’esigenza di suggerire che il nuovo divieto sia una norma non solo «ingiusta» ma addirittura «ipocrita» e «ridicola». Al contrario, noi che da decenni ci occupiamo di controllo del tabagismo sosteniamo con forza questa nuova politica ambientale che parte da Milano, ma che si è già estesa ad altre città, come Firenze. Auspichiamo, anche, che possa essere adottata a livello nazionale e possa ispirare, come fece la legge Sirchia, altri Paesi in Europa e nel mondo. Questo perché siamo ben consci delle evidenze scientifiche. È utile ricordare, infatti, che il fumo passivo è un agente cancerogeno del gruppo1 (quindi certamente cancerogeno per l’uomo) secondo quanto stabilito dall’Agenzia Internazionale della Ricerca sul Cancro ( Iarc) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). È stato inoltre dimostrato, anche da alcuni studi dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che le concentrazioni di polveri fini e ultrafini liberate nell’ambiente dal fumo passivo di una singola sigaretta sono superiori a quelle degli scarichi di autovetture diesel e benzina. È importante pertanto che i più di 11 milioni di italiani che ancora fumano siano ben consci che il loro consumo annuo di 65 miliardi di sigarette contribuisce significativamente all’aumento dell’inquinamento ambientale, indipendentemente da dove si fuma. Senza retorica, il fumatore non può essere considerato un capro espiatorio, è la vittima di una dipendenza psicofisica indotta dall’industria del tabacco che, statisticamente, lo può portare a una morte anticipata mediamente di 10 anni. Settanta anni di ricerca e decine di migliaia di studi scientifici hanno dimostrato come il fumo, attivo e passivo, non solo provochi più di 80mila morti ogni anno solo in Italia, ma sia causa di una disabilità che incide sulla qualità della vita. Fortunatamente, il fumo di tabacco non si considera più un «inestirpabile vizio »; si può smettere e oggi, con l aiuto di supporti psicologici o farmacologici, è ancora più facile. E non può valere l’argomento, citato da Scurati, che Milano e tutta la Pianura Padana sono una delle zone più inquinate di Europa, per sostenere l’inutilità di un provvedimento del genere. Anzi, vale il ragionamento contrario: proprio perché abbiamo a che fare nello stesso luogo con i due più importanti fattori di rischio ambientali, dobbiamo fare il massimo per contrastare entrambi, raccogliendo l’appello lanciato dall’Oms nell’ottobre 2018 ad agire su scala globale contro l’inquinamento atmosferico, responsabile di oltre 7 milioni di morti anticipate all’anno nel mondo. Lo sappiamo, quando si parla di prevenzione e promozione della salute i divieti non bastano. Soprattutto i divieti irritano quando li interpretiamo come privazione di un diritto ad una scelta che, nel caso del fumo, sembra libera. Ma spesso sono necessari per il bene di tutti. E sulla libertà del singolo fumatore deve sempre prevalere il diritto alla salute pubblica oltre che il rispetto delle categorie più sensibili, come i malati di patologie respiratore, cardiache e oncologiche, gli anziani, i bambini e le donne in gravidanza.
Roberto Boffi, Silvano Gallus, Fabrizio Faggiano, Paolo D’Argenio, Giuseppe Gorini, Giovanni Viegi, Vincenzo Zagà, Maria Sofia Cataruzza, Silvio Garattini