(ANSA) – UDINE – Definire entro l’anno un protocollo congiunto per la produzione di un farmaco biologico per contrastare uno dei tumori al seno più aggressivi, il carcinoma mammario triplo negativo (Tnbc), con alta incidenza nel Nord Est d ‘Italia e in Slovenia, oltre 160 e 120 casi per 100.000 donne.
E’ l’obiettivo del progetto di ricerca transfrontaliero Immuno-Cluster, condiviso da Dipartimento di Area Medica Università di Udine, VivaBioCell, Celica Biomedical, Veneto e Slovenia, per contrastare uno dei tumori al seno con prognosi più sfavorevoli e basso tasso di sopravvivenza. Lo ha reso noto oggi l’ateneo friulano.
Una terapia cellulare, basata sull’impiego di cellule prelevate dallo stesso paziente, è la risposta che il progetto intende sviluppare per il trattamento del carcinoma mammario triplo negativo (Tnbc), una delle forme di cancro al seno più difficili da trattare, che rappresenta il 10-20% delle diagnosi totali del cancro alla mammella, colpendo prevalentemente donne giovani, e per cui la possibilità di recidiva è molto elevata. “L’immunoterapia, che sfrutta il sistema immunitario del paziente per combattere la patologia – ha evidenziato Francesco Curcio, ordinario di Patologia Clinica e responsabile scientifico per il Dipartimento di Area Medica UniUD, insieme all’Ospedale Ortopedico Valdoltra (Slo) – ha sicuramente aperto la strada a nuove promettenti possibilità di cura. È ora indispensabile – ha aggiunto – creare una massa critica comune di competenze, sia cliniche, sia produttive, che possono lavorare insieme come sistema, utilizzando nuovi approcci cellulari e molecolari “. Il network avrà il compito di definire un protocollo condiviso che permetta di arrivare , entro la fine dell’anno, alla produzione del medicinale cellulare autologo da sperimentare infine sulle pazienti con Tnbc, che saranno reclutate dall ‘ Istituto di Oncologia di Lubiana secondo specifici parametri. La base di partenza è lo studio clinico HybriCureR sviluppato dal Lead Partner di progetto, Celica Biomedical, già clinicamente testato su un numero ridotto di pazienti con cancro alla prostata resistente alla terapia ormonale. “I risultati attesi – concludono i partner del progetto- un impatto decisamente positivo sui sistemi sanitari transnazionali, con minori costi per le terapie e contro, e indubbi i vantaggi per i pazienti, sia in termini di migliore qualità di vita e sia di speranza di guarigione”.