«I malati di tumore siano privilegiati nell’accesso al vaccino»

16.04.2021

Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità: 3 milioni e 609 mila italiani oggi, convivono con una diagnosi di tumore. Un italiano su 17. E stiamo parlando loro a proposito dei vaccini contro Covid-19.
Con i suggerimenti che arrivano da una ricerca internazionale, appena pubblicata sulla rivista Nature Review, una firma, fra gli altri, di Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione sviluppo nuovi farmaci per terapie innovative all’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, «I malati di tumore non sono tutti uguali – specifica Curigliano -. Ci sono quelli guariti, quelli in terapia di mantenimento per evitare che la malattia si ripresenti e quelli che hanno ancora un tumore attivo, hanno metastasi e sono in trattamento con chemioterapici o altri nuovi farmaci. E poi ci sono quelli che partecipano alle sperimentazioni cliniche, che hanno lo scopo di capire come funzionano le nuove terapie contro il cancro». In altre parole: ci sono pazienti «più fragili» di altri e più a rischio di contrarre il coronavirus, di andare incontro a forme gravi di malattia e di morire di più. Ripetiamo. Sono: i malati con tumori ancora attive con metastasi; i pazienti in trattamento con farmaci oncologici che hanno le difese immunitarie depresse; coloro che, nei precedenti sei mesi, hanno sospeso le terapie. E quelli che partecipano agli studi clinici, perché malati. Tutti con una malattia non ancora perfettamente sotto controllo.
Ecco perché sono loro i «candidati» privilegiati per la vaccinazione, come richiesto da varie società scientifiche, compresa Foce, la Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi, con un documento inviato anche al governo.
Ed ecco perché, per esempio, certe persone, dopo un tumore al seno curato con successo e in terapia con farmaci ormonali per la prevenzione di recidive, non sono candidati prioritari al vaccino.
Sono considerati comunque guariti e non hanno accesso prioritario al vaccino.
Ma c’è un altro punto in discussione. Esiste un vaccino migliore di un altro (fra quelli al momento disponibili) per i pazienti oncologici considerati «fragili»? La risposta è nel lavoro firmato da Curigliano. «Negli studi clinici condotti, per valutare l’efficacia dei vaccini, sono stati pochi i pazienti con tumore coinvolti. Così non è stato possibile verificare l’appieno l’efficacia della vaccinazione su questi pazienti – precisa Curigliano -. Per ora, nell’immunizzazione di queste persone, si procede con i criteri generali che fanno riferimento a tutte le età». Curigliano lavora alla Ieo di Milano, un istituto di eccellenza in Italia per la cura del cancro. Una domanda è d’obbligo: con quali criteri vengono convocati i vostri malati per i vaccini? «Abbiamo convocato i nostri pazienti – precisa Curigliano – secondo le priorità della vaccinazione. Qualcuno ha espresso qualche titubanza, ma in generale c’è stata una buona adesione».

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